Dei Quattro Pezzi Sacri tre sono dedicati alla Vergine Maria. La figura femminile nel melodramma verdiano rappresenta la salvazione, l’innocenza. Violetta, le due Leonora, Aida, Amneris, Desdemona. Nel madrigale spirituale delle Laudi ogni parola di Dante diventa un’immagine musicale e di nuovo Das Ewig-Weibliche, l’eterno femminino di Gretchen del Faust, diventa redenzione. Nel nostro Paradiso agiscono, tra una moltitudine femminile, due sole figure maschili: Dante e San Bernardo. Ma il Paradiso che abitano è solo della donna, solo attraverso il corpo di Lei si può vivere, non vedere, la Luce.
L’acqua scorre dentro il ponte come acqua di sacco amniotico che contiene l’essere vivente. Benedictus fructus ventris tui_ Nell’evidente impossibilità biologica del concepimento incarnata dalla nostra Maria, ricurva per il peso degli anni e dal coro delle donne anziane, si manifesta la natura filosofica della maternità: la tensione al divenire due, al trasformarsi in nuovo, in altro, in ignoto. Corpi, voci, pensieri dentro morbidi involucri stesi a terra a delineare confini minimi, a proteggere identità senza volto. Singole voci evaporano dai sacchi e nell’aria si toccano, si aggiungono, si sovrappongono.
Nell’alzata e nella scoperta si riconoscono, una dopo l’altra, diventano nella somma coro, voce unica di voci cantanti. Je vous salue, Marie!, titolava Jean-Luc Godard l’opera filmica del 1984. Ave Maria! Il mistero è già dentro la grande “borsa d’acqua”, è già in moto per l’alzata da terra verso il cielo, il grande corpo dei corpi si muove in verticale, inizia la salita nella notte oscura verso l’estasi, e poi la Luce.
Nel canto trentatreesimo della terza delle tre Cantiche, la Trinità come un buco nero gravitazionale, ormai raggiunto il collasso, ingoia l’universo delle terzine e degli incontri precedenti. Gli endecasillabi diventano mondi, pianeti, astri e galassie e tutto esplode nella sfera di Luce come la più potente delle Supernove.
Al limite del reale, al limite e oltre il linguaggio.
E non c’è più parola, solo canto, visione, pura intuizione, abbandono, silenzio. Irrompe su Dante/Paolo, l’immagine del nascituro benedetto, a sua somiglianza, il riflesso e la nostalgia di tornare ad essere Persona. Il monumento in vetro e acciaio, testimonianza ingombrante del limite umano, è abitato da una moltitudine di spiriti differenti, di illimitato voler tendere verso l’alto, oltre il limite dello spazio/tempo delle Laudi, oltre la musica del Maestro, oltre il linguaggio che ancora li confina in una rappresentazione senza tempo, tra lampi di immagini d’acqua, di sfere rotanti e avvento divino.